L’ombra del ricatto su un accordo sul vaccino Sputnik e sull’accesso a dati sensibili di pazienti che nessuno deve sapere. E forse su certi legami con Putin.
«Conseguenze irreversibili». Sentire il presidente russo, Vladimir Putin, rivolgere di questi tempi una minaccia del genere all’Italia nel caso in cui il nostro Paese continui a sostenere le sanzioni economiche ai danni di Mosca fa venire un certo brivido. A che cosa si riferisce Putin (per bocca dell’ex console russo a Milano e oggi direttore del Dipartimento europeo del ministero degli Esteri del Cremlino, Alexei Vladimorovic Paramonov), quando parla di «conseguenze irreversibili»? Intende, forse, puntare i missili ad ultrasuoni direttamente verso casa nostra? O ha delle armi in mano che, senza causare vittime, sono in grado di provocare danni consistenti?
Questa seconda ipotesi sembra la più plausibile per spiegare cosa si nasconde dietro la minaccia della Russia all’Italia. E quelle armi alternative, quasi potremmo definirle «armi improprie», per richiamare un altro conflitto dell’era contemporanea, hanno a che fare con il Covid. Si tratta di un accordo segreto tra Roma e Mosca per la realizzazione dello Sputnik, il vaccino contro il coronavirus fortemente sponsorizzato dal Governo italiano presieduto dall’allora premier Giuseppe Conte. Un patto accompagnato da uno scambio di cartelle cliniche con dati sanitari dei pazienti affetti dal virus e da intese commerciali per farmaci e strumentazione. Per dirla in breve, la minaccia – nemmeno tanto velata – della Russia sarebbe la seguente: o l’Italia la smette di metterci i bastoni tra le ruote nella nostra «operazione militare» in Ucraina, o raccontiamo tutto.
Come rivela il sito online del Corriere della Sera, due anni fa – era il 22 marzo 2020 – tredici piccoli aerei russi atterrano all’aeroporto di Pratica di Mare, a Roma. A bordo pista, per fare gli onori di casa, c’era il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, dopo che il giorno prima l’arrivo dei quadrireattori decollati da Mosca era stato concordato da Conte e dallo stesso Putin. Siamo agli albori della pandemia: la Bergamasca è un disastro di contagi, in Italia si viaggia sugli 80mila casi al giorno e gli oltre 8mila decessi quotidiani. Mancano le strumentazioni per far fronte a una pandemia che sta toccando un picco inaspettato, in particolare c’è bisogno di ventilatori e di mascherine. Che potrebbero arrivare dalla Russia.
Da mosca, a bordi dei tredici aerei, ci sono 104 persone, ufficialmente si tratta di personale sanitario. Guardando bene la lista, però, si scopre che tra medici e infermieri non si arriva nemmeno alla trentina: tutti gli altri sono militari, sotto il comando del generale Sergey Kikot, vice comandante del reparto di difesa chimica, radiologica, biologica dell’Armata russa. Oltre a lavorare per l’esercito di Mosca, Kikot collabora anche con aziende che producono e riparano armi per la protezione chimica, radioattiva e biologica. Insieme a lui, sbarcano a Roma (tra gli altri) due alti dirigenti del Rospotrebnadzor, la struttura sanitaria civile che due mesi prima aveva ricevuto da Putin l’incarico di monitorare l’andamento del Covid. Che sono venuti a fare in Italia?
Carlos Gargia- laleggepertutti
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