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Liquidazione in busta paga: ecco il piano del Governo e cosa cambia per le tasche degli italiani

Dal primo gennaio il Tfr disponibile nella busta paga dei lavoratori, utilizzando la ‘leva Bce’ per evitare alle imprese perdite di liquidità tali da generare un effetto boomerang. Questo il progetto allo studio in vista della legge di stabilità, che trova conferma nelle parole di Matteo Renzi, e che lascia spazio al dibattito. Ma spieghiamo nel concreto di cosa si tratta.

Il Trattamento di Fine Rapporto. Il Tfr equivale alla retribuzione annua che spetta al lavoratore divisa per 13,5. In pratica, è una mensilità in più. Il governo starebbe pensando di anticipare la metà della cifra accumulata nei 12 mesi – con riserva di estendere il margine a tre anni – con possibilità di riconoscerlo nello stipendio di un mese, oppure spalmandolo nelle varie buste. paga

Le imprese e la leva BCE. Per le aziende, non si tratta di una prospettiva troppo allettante, in primis perché si troverebbero a dover sborsare di tasca propria il Tfr ai dipendenti: risorse che, se mantenute in azienda – ed è così per le Pmi al di sotto dei 50 addetti – vengono investite nelle attività dell’azienda. Per questo motivo il presidente Renzi ha parlato di ricorrere alle risorse della Banca centrale Europea: il credito eventualmente concesso alle imprese potrebbe essere destinato a tappare il buco finanziario creatosi dalla spesa di metà Tfr in busta paga.

I lavoratori. Per chi è sotto contratto, il Tfr rappresenta un importo di misura direttamente proporzionale al rapporto di lavoro, che viene riconosciuto al momento della pensione. In questo modo, ovviamente, quando si abbandonerà il lavoro, sarà molto più magro. Oltretutto, va sottolineato che la tassazione in busta paga ammonterebbe al 15%, dunque per lo Stato ciò finirebbe pure per tradursi in maggior gettito.

 

Ecco alcune ipotesi di Tfr in busta paga:

Un dipendente che guadagna 15mila euro lordi all’anno (cioè 1.000-1.100 euro netti, a seconda del numero di familiari a carico) accantona ogni anno 1.100 euro di Tfr. Facendosi liquidare il 50% di questa somma sulla busta paga, avrebbe un aumento di 550 euro lordi all’anno, circa 45 euro al mese. Se su questi importi venisse applicato un prelievo fiscale agevolato del 9-15% (come quello che grava sulle quote di liquidazione destinate alla previdenza integrativa), l’incremento netto di salario sarebbe di circa 470-500 euro all’anno, corrispondente a una media di 40 euro circa mensili.

Se un lavoratore ha un reddito di 30mila euro lordi (cioè 1.700-1.800 euro netti, a seconda del numero di familiari a carico) mette da parte ogni anno 2.200 euro di Tfr. Facendosi dare il 50% di questa somma sulla busta paga, avrebbe un aumento di 1.100 euro lordi all’anno, cioè circa 90 euro al mese. Se su questi importi viene applicato un prelievo fiscale agevolato del 9-15%, l’incremento netto di salario è di circa 950-1.000 euro all’anno, corrispondente a una media di circa 80 euro mensili.

Più fortunato sarebbe un lavoratore che guadagna 45mila euro lordi (cioè 2.400-2.500 euro netti, a seconda del numero di familiari a carico) che di solito accantona ogni anno 3.300 euro di Tfr. Il 50% di questa somma liquidato sulla busta paga comporta un aumento di 1.650 euro lordi all’anno, cioè una media di circa 135 euro al mese. Se su tale somma fosse applicata un una tassazione agevolata del 9-15%, l’incremento netto di salario sarebbe di circa 1.400-1500 euro all’anno, corrispondente a una media mensile di circa 120 euro.

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Written by forestalinews

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