Secondo la Cassazione, non si può imporre a un dipendente di restare a casa un giorno festivo infrasettimanale: valido l’accordo individuale con il datore.
Anche il lavoratore ha la possibilità di decidere quando può avere qualche soldo in più in busta paga. La Cassazione ha introdotto un nuovo principio secondo cui deve essere riconosciuto al dipendente il diritto di lavorare nelle feste infrasettimanali. In questo modo, è possibile avere la maggiorazione che spetta secondo quanto stabilisce il contratto nazionale di categoria. In sostanza, non ci può essere alcun accordo che costringa il dipendente a restare a casa un giorno di festa infrasettimanale: il lavoratore può decidere autonomamente di siglare un’intesa con il proprio datore in base alla quale gli venga riconosciuto il diritto di svolgere la sua attività.
Facciamo un passo indietro. C’è una legge del 1949, ancora in vigore [1], che riconosce come giornate festive alcune ricorrenze civili o religiose che cadono in settimana. Si parla, ad esempio, del 25 aprile, del 1° maggio, di Capodanno, del giorno di Natale o di Santo Stefano che, ovviamente, non sempre coincidono con la domenica. Se il dipendente decide di restare a casa in giorni come questi, viene pagato normalmente, come se avesse svolto il suo normale orario di lavoro.
Ecco il punto: «Se il dipendente lo decide». Perché potrebbe anche decidere il contrario, cioè mettersi a disposizione dell’azienda per lavorare durante i festivi infrasettimanali. In questo modo, si raggiunge un doppio scopo: il datore si garantisce forza lavoro nel caso debba o voglia tenere aperta l’attività, ad esempio, il 25 aprile e il dipendente porta a casa la maggiorazione festiva riconosciuta dal Ccnl, aumentando così la busta paga.
Quello che la Cassazione ha recentemente ricordato è che l’assenza dal lavoro in una festività infrasettimanale è un diritto soggettivo del lavoratore non contemplato dalla contrattazione collettiva. Il che significa che non è possibile costringere il dipendente a restare a casa e che sarebbe nulla qualsiasi clausola che prevedesse tale imposizione. Viceversa, deve essere riconosciuto il diritto del lavoratore di firmare un accordo con il suo datore (ad esempio, al momento dell’assunzione) per rendersi disponibile a lavorare ogniqualvolta ci sia una festività infrasettimanale che prevede l’apertura dell’attività.
Certo, non si può pretendere che un’azienda che non ha bisogno di svolgere l’attività il 1° maggio o il giorno di Ferragosto, apra i cancelli apposta solo perché un dipendente ha chiesto di lavorare. Ma si pensi, ad esempio, al supermercato, al panettiere, al ristorante, al bar o agli altri esercizi che (Covid a parte) aprono 365 giorni all’anno o quasi, così come alle realtà industriali che non fermano mai l’attività o al piccolo studio professionale in cui l’impiegato può decidere di lavorare in un giorno di festa per portare avanti le sue cose (oltre che qualche soldo in più in busta).
Nella sentenza, inoltre, la Cassazione precisa la differenza tra le festività infrasettimanali e le ferie o il riposo settimanale. Mentre ferie e riposo hanno lo scopo di tutelare il diritto e il bisogno del lavoratore di recuperare le energie psicofisiche, le festività infrasettimanali non hanno questo scopo: l’assenza del lavoro in questi giorni garantisce, infatti, la possibilità di celebrare in comunità una determinata ricorrenza radicata nella tradizione, che sia di tipo religioso (Natale, Santo Stefano, l’Epifania, ecc.) o di tipo civile (la Festa della Liberazione, la Festa della Repubblica, il 1° maggio, ecc.).
In sostanza, il nuovo principio stabilito dalla Cassazione è il seguente: la rinuncia al diritto all’astensione dalla prestazione nelle giornate festive infrasettimanali, può essere anche validamente inserita come clausola del contratto di lavoro. Il giudice, esaminando gli accordi intervenuti tra le parti in materia di festività infrasettimanali, deve attenersi ai seguenti principi:
- il diritto del lavoratore ad astenersi dalla prestazione durante le festività infrasettimanali è diritto disponibile e sono validi gli accordi individuali, intercorsi tra lavoratore e datore di lavoro;
- l’oggetto di detti accordi è chiaramente determinabile mediante il ricorso al riferimento normativo esterno costituito dalla legge n. 260/1949;
- il potere del datore di lavoro di richiedere la prestazione lavorativa nei giorni festivi va esercitato nel rispetto dei principi di buona fede e correttezza.
Carlos Garcia
la leggepertutti
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