Se è possibile uscire, allora perché stare in casa? E non importa il meteo, l’importante è stare in giro anche se il sole non c’è. Domenica di folla a far flanella nella via Roma, ancora tutta pedonale e presidiata dai vigili urbani. Tavolini costantemente occupati al bar della Farmacia, in piazza Carignano: «C’è un po’ da aspettare se vuole sedersi, sa è domenica». Folla all’ora di pranzo in quasi tutti i ristoranti dal centro alla periferia. Clienti con mascherine indossate più o meno ovunque e controlli in tutta la città.
Quando cala il sipario sulla domenica di via libera, le auto sui corsi che portano fuori Torino sono una colonna infinita, che cancella in un attimo il ricordo dei giorni di lockdown, di isolamento e di tutto chiuso. Ed è un lento ritorno (in città) verso una normalità, sospirata per settimane. Anche se i cinema hanno ancora le serrande abbassate e alle 18 non c’è verso di prendere un caffè, se non in tangenziale, macinando un bel po’ di chilometri in mezzo ad un traffico che non si vedeva da tempo. Per la montagna bisogna aspettare ancora sette giorni: si debutta con il carnevale e San Valentino. Ma intanto ieri è andata così. Ed è ovvio che non tutto sia andato per il meglio. E qualcuno abbia esagerato. Troppo.
Ristorante Sol Levante, cucina giapponese e italiana a due passi dalla stazione Porta Susa, via Boucheron. Prenotazione obbligatoria. Menu stra ricco. E super assalto ai tavoli. Alle 14 è ancora tutto strapieno e i camerieri corrono come dannati. Coda in strada. Déhors senza una sola sedia libera. Famiglie che fanno festa. Brindisi. Bambini, carrozzine, fidanzati e comitive. Troppo.
Sta di fatto che alle 14 arrivano i vigili urbani in borghese – non si sa se per caso o allertati da qualcuno che ha notato l’assalto al ristorante – e ligio alle regole ha dato l’allarme. Arrivano i controlli e la domenica a tavola finisce in quel preciso momento. Chi è al dolce e al caffè, seppur con qualche insistenza, riesce a completare il pasto. Paga e se ne va tutto sommato felice. Chi ha appena iniziato a pranzare deve alzarsi: «Il ristorante chiude in questo momento, signori dovete uscire. C’è troppa gente».
Proteste. Ma poi neanche così tante. Mugugna più di chiunque altro chi è ancora fuori in coda e aspettava da mezz’ora il suo turno al tavolo. Chi ha dovuto arrendersi all’evidenza che non si può più continuare, lascia il vino nel bicchiere, e il sushi appena arrivato nel piatto. Va alla cassa e ritira un buono: «Signori tornate quando riapriamo. Per voi c’è uno sconto speciale. Scusateci, non è colpa nostra».
Cioè, non è proprio così. I vigili hanno contato -all’incirca – 250 persone nel locale, tra quelli nel déhors, e quelli al piano interrato. Altro che «capacità ridotta dei ristoranti» e distanziamento tra i tavoli. E poi ancora schede dei clienti compilate alla come viene, qualcuna pure senza numeri di telefono. Troppo per chiuderla con una lavata di capo.
Il risultato è che a pomeriggio inoltrato ai gestori del «Sol Levante» – locale giapponese, gestito da società romena – vengono contestai due verbali: ottocento euro o poco più di contravvenzione. E fino a venerdì il ristorante deve restare chiuso. Non soltanto a pranzo, ma anche per l’asporto e le consegne a domicilio. Va così. Quando i vigili se ne vanno arrivano le squadre di operai che smontano i tavoli e portano via le sedie: è una sorta di autoriduzione degli spazi, così da non rischiare altre contravvenzioni e- e chiusure – in futuro.
E mentre va in scena tutto questo ambaradan, il centro si gode la sua domenica di libertà. Caffè e merende ai tavoli. Code da Zara. Code alla Standa. Ma è tutto regolare. In fondo Torino è in «Zona gialla». —
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